Alcune misure rischiano di peggiorare le condizioni delle persone: sono frutto di un compromesso eccessivo e mancano di tempismo.
Secondo il vicesegretario generale della Cgil, Gianna Fracassi i contenuti della manovra sono insufficienti per fronteggiare un tema in particolare: lo scarso livello dei salari.
La legge di Bilancio 2023 su questo fronte prevede solo un aumento delle pensioni minime ulteriore rispetto a quello previsto dalla rivalutazione. Gli assegni inferiori al minimo godranno di un aumento ulteriore dell’1,5%. Si sta parlando nel concreto di appena otto euro al mese che non cambierà ne aiuterà le sorti dei beneficiari.
La contraddizione si evince di più sotto il profilo della riduzione del cuneo fiscale; costerà parecchio iniziare a ridurre le tasse, il momento non sembra adatto perché difficilmente i maggiori introiti per aziende e lavoratori potranno trasformarsi in nuovi investimenti.
Sul costo del lavoro Confcommercio ha sottolineato “l’esigenza di interventi più incisivi di riduzione del cuneo fiscale”. Intervenire su tutti i fronti allo stesso tempo sta togliendo parecchia forza all’efficacia delle misure messe in campo. Ciò che è stato prediletto è l’emergenza sul fronte energetico di famiglie e imprese; il resto sembra un palliativo di facciata che mostra più le buone intenzioni nel voler rispettare il programma elettorale.
Non è una novità e servirà tempo per dare un giudizio di merito oggettivo alla lunga strada del governo, che si spera riuscirà a portare l’Italia oltre le contingenze immediate per rimetterla sulla strada della salute economica in modo strutturale.
Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, dopo aver apprezzato le misure sull’energia, ha sollevato le inefficienze. “Serve un taglio del cuneo di almeno 4 punti perché abbia un effetto significativo: troppe volte nei decenni si sono apportati piccoli tagli di 1 o 2 punti che non hanno avuto alcun effetto”.
Le risorse per stimolare gli investimenti delle imprese sono state impiegate per obiettivi a non prioritari in questa fase di emergenza; è ad esempio il caso dei prepensionamenti.
A pagare per la riforma delle pensioni oltre i possibili beneficiari di Opzione Donna, sono infatti anche 3 milioni di persone che percepiscono oltre 2.100 euro che devono fare i conti con il taglio alla rivalutazione per gli assegni. Una perdita comunque minima che porterà un beneficio alle casse dello Stato impegnato a ridistribuire risorse centellinate.
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