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Lavoro

Rivelare l’invalidità al datore di lavoro è obbligatorio? Ecco cosa dice la Legge

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Cosa dice la Legge riguardo l’obbligatorietà di rivelare l’invalidità al proprio datore di lavoro. Le questioni rilevanti sono due, la privacy e la sicurezza sul lavoro.

Il lavoratore reticente nel dichiarare la propria invalidità all’azienda presso cui è assunto rischia ripercussioni?

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Una disabilità non è sempre visibile. Può succedere che un lavoratore abbia un’invalidità certificata di cui il proprio datore di lavoro non sia a conoscenza. Il “segreto” mantenuto dall’interessato è teoricamente giusto per il diritto di riservatezza dei dati personali. La normativa al riguardo è molto chiara. Il Decreto 196 del 2003, infatti, tutela tale diritto includendo tutti i dati sensibili compresi quelli riguardante la salute del lavoratore. E la stessa protezione è data dal diritto europeo. Passando al piano pratico, invece, si riconosce un diritto del datore di lavoro che può interferire con la privacy del dipendente. Parliamo della possibilità di chiedere ai lavoratori di effettuare delle visite mediche per controllare l’idoneità fisica. La Legge di riferimento è la numero 300 del 1970, articolo 5.

Rivelare l’invalidità al datore è un obbligo?

Da una parte il lavoratore ha il diritto di tutelare le informazioni personali. Dall’altra, però, il datore può richiedere una visita medica per verificare le condizioni di salute del dipendente. Tale possibilità è prevista dai singoli contratti di lavoro e anche dalla Legge sul collocamento obbligatorio dei cittadini con disabilità. La normativa, nello specifico, stabilisce che in caso di aggravamento dell’invalidità il lavoratore possa richiedere l’accertamento della compatibilità con le mansioni svolte. Allo stesso modo il datore può chiedere un accertamento analogo per verificare l’utilità del dipendente nell’azienda.

Due normative in disaccordo, una contraddittorietà che non permette di definire se sia più importante la privacy del lavoratore o le necessità del datore di tutela della propria impresa. Per giungere ad una conclusione, dunque, occorre far riferimento ad altre disposizioni.

Dove pende l’ago della bilancia?

L’articolo 20 del Testo Unico sulla Sicurezza stabilisce che il lavoratore ha l’obbligo di collaborare alla sicurezza e alla tutela della salute nel posto di lavoro. Ciò significa che ha il dovere di comunicare al datore di lavoro le sue condizioni mediche o eventuali invalidità che possano mettere a repentaglio la propria salute e quella dei colleghi. Spetta ad un medico competente, infatti, stabilire se il dipendente possa essere assegnato o meno a specifiche mansioni e non al lavoratore stesso.

Uno scontro tra diritti, dunque, ma quest’ultima norma sembrerebbe far pendere l’ago della bilancia verso il datore di lavoro. A difendere la privacy del lavoratore c’è, però, il doppio verbale di invalidità. Parliamo della copia del documento che attesta solamente la riduzione della capacità lavorativa ma non indica la diagnosi. E se proprio la diagnosi servisse per assegnare la mansione? Cosa fare, poi, se le condizioni migliorano? Bisognerebbe informare il datore di lavoro. Insomma, la questione è piuttosto articolata ma sembrerebbe che per la legislatura la sicurezza sul lavoro sia più importante rispetto alla privacy del dipendente.

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