Avvertono gli analisti della JP Morgan (JPM), banca statunitense, che il prezzo del petrolio rischia di triplicare.
Questo potrebbe succedere se Mosca decidesse di ridurre la produzione del petrolio. Il costo potrebbe essere di 380 dollari al barile.
Tutto a causa delle sanzioni europee e americane che prevedono di bloccare il 90% del petrolio russo destinato all’Europa. Ma anche imporre un tetto massimo sul prezzo del greggio. Insomma, un modo per rallentare le entrate di denaro nelle casse statali russe.
Quindi per JPM quest sanzioni si ritorcerebbero contro Europa e USA. In effetti, secondo le proiezioni degli esperti, se Mosca chiudesse i ‘rubinetti’ del petrolio diminuendo la produzione di 3 milioni di barili al giorno, il prezzo del petrolio (Brent) sarebbe di 190 dollari a barile. Invece, se tagliasse la produzione di 5 milioni di barili al giorno, il prezzo salirebbe a 380 dollari.
Inoltre, gli analisti fanno presente che Mosca ha una solidità liquidità fiscale di fondo. Quindi, potrebbe diminuire la produzione del petrolio anche di 5 milioni di barili a giorno senza gravi conseguenze sull’economia del Paese.
Anzi, la Russia potrebbe bloccare anche per qualche tempo la produzione creando problemi solo ai Paesi occidentali. E sbloccare chiedendo in cambio la resa dell’Ucraina.
Il G7 quest’anno ha come motto “Putin non deve vincere”. In effetti se vincesse aumenterebbe il suo status politico credendo di essere autorizzato a invadere un altro Stato. Ad esempio, la Moldavia.
Di contro, il pensiero del Cremlino è non perdere né contro l’Ucraina né contro l’Europa o gli Stati Uniti, in generale. Perdere significherebbe la fine politica di Putin, ma soprattutto della Russia come potenza politica.
Attualmente, guardando al prezzo del petrolio esso si aggira intorno ai 112 dollari a barile. Rispetto a giugno (il prezzo era di 123 dollari) la situazione è migliorata. Al momento quindi niente lascia supporre che le previsioni degli esperti della JP Morgan siano ‘applicate’ nell’immediato. Ma la situazione in Europa, e in Occidente in generale, non è positiva. Questo perché il petrolio a 200 o 300 dollari porterebbe al salasso l’economia di molti Paesi.
In Italia, ad esempio, l’inflazione colpisce stipendi e risparmi. Infatti, ricordiamo che nell’Eurozona questa è salita all’8,6%. Trainata anche dall’aumento del 41,9% annuale dei prezzi energetici.
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