Ferie non godute si possono monetizzare in particolari casi e sono in pochi a saperlo

Se in seguito al congedo di maternità il rapporto di lavoro si interrompe cosa accade con le ferie non godute? È possibile monetizzarle?

Siamo pronti per capire quali sono i diritti della lavoratrice che interrompe il rapporto di lavoro dopo il congedo di maternità senza aver usufruite delle ferie spettanti.

Ferie non godute monetizzate
Foto Canva

La Legge stabilisce che la donna lavoratrice ha l’obbligo di astenersi dall’attività lavorativa durante gli ultimi mesi di gravidanza e nei primi mesi successivi alla nascita del bambino. Questo periodo di assenza dal lavoro si chiama congedo di maternità. Può succedere che la neo mamma decida di non tornare alla propria occupazione una volta terminato l’obbligo normativo e di dare le dimissioni così come può succedere che il datore di lavoro licenzi la donna dove ne abbia la possibilità. Quali sono i diritti della lavoratrice dopo la cessazione dell’attività lavorativa con riferimento alle ferie non godute a causa del congedo di maternità?

Congedo di maternità e ferie non godute, cosa afferma la normativa

Il dubbio delle lavoratrici riguarda la possibilità di monetizzare le ferie non godute ossia ricevere un pagamento dell‘indennità sostitutiva dello stipendio nel periodo in cui non si è fruito delle ferie spettanti. In linea generale tale procedura è severamente vietata ma esistono delle eccezioni che consentono la monetizzazione delle ferie. Eccezioni stabilite dalla Legge oppure dai Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro. Rientra tra i casi eccezionali proprio il congedo di maternità con successiva interruzione del rapporto di lavoro.

La normativa, dunque, stabilisce che la lavoratrice non può perdere le ferie maturate lavorando e di conseguenza può richiedere la monetizzazione delle stesse se non sono state godute per il congedo di maternità. L’indennità economica è prevista, dunque, per le donne che vengono licenziate oppure che si dimettono volontariamente una volta rientrate a lavoro dopo i mesi di astensione previsti dalla Legge (indicativamente due mesi prima del parto e tre mesi dopo la nascita del figlio). Questa delle dimissioni volontarie è una novità accertata da alcune sentenze della Cassazione. Durante il congedo, infatti, è stato impossibile per la donna fruire di un proprio diritto dato l’obbligo di astensione ma le ferie rimangono un diritto inalienabile.

La sentenza della Cassazione sulle ferie non godute

Secondo una sentenza della Corte di Cassazione, la modalità con cui avviene la cessazione del rapporto di lavoro non influisce sulla monetizzazione delle ferie non godute. Licenziamento o dimissioni volontarie, dunque, sono equiparabili per il Collegio e l’indennità sostitutiva spetta in ogni caso in seguito all’interruzione dell’attività lavorativa dopo un congedo di maternità al pari del rientro dopo il congedo per malattia data l’involontarietà del dipendente di astenersi dall’occupazione.

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