Molti contribuenti hanno sollevato dubbi sul rapporto tra la pensione di vecchiaia e l’assegno sociale. Quali sono le regole in vigore?
L’assegno sociale è uno strumento economico che ha lo scopo di sostenere tutti coloro che si trovano in situazioni di difficoltà e che, dunque, non riescono a condurre una vita dignitosa.
Dal 1° gennaio 1996, ha sostituito la pensione sociale, detta anche “pensione senza contributi”, perché corrisposta in aiuto di coloro che non avevano raggiunto i requisiti contributivi per la pensione, ereditandone tutti gli aspetti e le finalità.
L’assegno sociale è una prestazione economica rivolta ai cittadini italiani e agli stranieri che versano in condizioni economiche svantaggiate e che hanno redditi inferiori ai minimi annuali previsti dalla legge. Si tratta di una misura assistenziale che è riconosciuta solo a coloro che risiedono in Italia non è reversibile ai familiari superstiti.
Ha, inoltre, qualità provvisoria, perché è necessario il periodico controllo della sussistenza di tutti i presupposti economici richiesti.
L’importo dell’assegno, per l’anno in corso, corrisponde a 468,10 euro per 13 mensilità. Il limite di reddito è di 6.085,30 euro annui e 12.170,60 euro, nel caso in cui il soggetto sia coniugato. L’assegno viene riconosciuto:
La legge prevede specifici requisiti per il versamento dell’assegno sociale. Nello specifico:
È, inoltre, fondamentale le sussistenza delle condizioni legate al reddito personale dei soggetti non coniugati e al cumulo del reddito del coniuge per quelli coniugati. A tale fine, non vanno considerati:
L’assegno sociale è conciliabile con le pensioni dirette e indirette, a condizione che non vengano superati i limiti di reddito.
In particolare, per quanto riguarda le pensioni di vecchiaia calcolate esclusivamente con il metodo contributivo, è sancita non solo la loro totale compatibilità con l’assegno sociale, ma è prevista anche un’agevolazione. In tale caso, infatti, un terzo dell’importo della pensione non è preso in considerazione ai fini dei limiti di reddito.
Ad esempio, se un cittadino percepisse una pensione di 400 euro al mese (5.200 euro annui) e non avesse ulteriori redditi (ad eccezione della casa di abitazione, quattordicesima mensilità ed indennità di accompagnamento), potrebbe ricevere un assegno sociale di circa 200 euro mensili (proprio perché 1/3 della pensione non rileva), invece di 68 euro, guadagnando, dunque, una somma totale di circa 600 euro mensili, invece di 468 euro.
Anche i titolari di ulteriori prestazioni previdenziali ed assistenziali possono stare tranquilli, perché anche in questa ipotesi non è sancita la perdita del diritto all’assegno sociale. La regola, inoltre, vale anche per i beneficiari di pensioni di guerra. Tutte queste rendite, dunque, hanno rilevanza solo ai fini della formazione del reddito.
Infine, la legge garantisce il diritto all’assegno sociale anche a coloro che hanno delle pensioni contributive di importo compreso tra 468 e 624 euro al mese. Al contrario, senza tale deroga, tale possibilità sarebbe preclusa. L’agevolazione, poi, non si riferisce solo ai “contributivi puri”, cioè ai soggetti privi di anzianità al 31/12/1995, ma anche agli iscritti in possesso di anzianità contributiva al 31/12/1995 che abbiano scelto la liquidazione della pensione con il sistema contributivo.
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