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Ho trovato 4 prelievi di 9.900 euro sul mio conto, mi hanno truffato: ho chiesto subito alla banca il rimborso, ed ecco cosa è successo

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Una cliente ha trovato 4 prelievi non autorizzati di 9.900 euro non autorizzati sul suo conto corrente. È stata vittima di una frode informatica ben congegnata, con un danno economico rilevante.

Fa ricorso ma la banca le riconosce un rimborso parziale. Il danno è troppo e la cliente continua la sua battaglia per ottenere giustizia. Il caso è arrivato all’Arbitro Bancario Finanziario, sollevando interrogativi cruciali sulla responsabilità degli intermediari nei casi di phishing e sulla tenuta dei sistemi di sicurezza adottati dagli istituti di credito.

Ho trovato 4 prelievi di 9.900 euro ciascuno sul mio conto, mi hanno truffato: ho chiesto subito alla banca il rimborso, ed ecco cosa è successo (Informazioneoggi.it)

Esaminiamo questo caso in base alla decisione dell’ABF (Arbitro Bancario Finanziario) numero 3432 del 02 aprile 2025, comune a molti che si trovano raggirati con perdite di soldi anche ingenti.

Truffa sul conto corrente: 4 prelievi non autorizzati e ricorso alla banca

Il caso esaminato dal Collegio di Bari, consiste in un raggiro che ha sottratto alla ricorrente quasi 49mila euro, attraverso quattro bonifici fraudolenti da 9.900 euro ciascuno e l’attivazione non autorizzata di una linea di credito pari a 1.483,86 euro. Dopo aver presentato denuncia agli organi competenti e aver tentato, senza successo, un accordo in mediazione, la donna ha deciso di rivolgersi all’Arbitro Bancario Finanziario per ottenere il rimborso della somma residua, pari a 10.487,31 euro.

Truffa sul conto corrente: 4 prelievi non autorizzati e ricorso alla banca (Informazioneoggi.it)

Secondo quanto riportato nella decisione dell’ABF,  tutto sarebbe iniziato con una telefonata apparentemente proveniente dal centralino ufficiale della banca. Un sedicente operatore, a conoscenza di dettagli personali e bancari estremamente specifici, le avrebbe segnalato movimenti sospetti sul conto corrente, convincendola a seguire delle istruzioni che si sono poi rivelate parte della truffa. La cliente sostiene di aver agito in buona fede, fidandosi di chi sembrava un operatore autentico.

Dopo aver scoperto l’illecito, la donna ha richiesto l’annullamento dei bonifici. La procedura di richiamo è andata a buon fine solo per tre delle quattro operazioni, mentre una, del valore di 9.900 euro, non è stata recuperata in tempo utile. A ciò si aggiunge l’utilizzo della linea di credito attivata a sua insaputa. Per questi due elementi, l’intermediario ha negato ogni ulteriore rimborso.

La banca respinge ogni addebito, sostenendo che le operazioni sono state autorizzate tramite un sistema di autenticazione forte, con credenziali statiche, codice OTP, mobile token e riconoscimento biometrico. Non solo: la cliente avrebbe anche installato e disinstallato applicazioni sul proprio smartphone e impostato una deviazione di chiamata, questi comportamenti, secondo la banca, si configurano una grave negligenza. L’intermediario richiama inoltre precedenti dell’ABF per rafforzare la sua tesi, secondo cui una normale attenzione da parte dell’utente sarebbe stata sufficiente a evitare la frode.

La cliente, contesta in quanto la telefonata sembrava autentica, il truffatore era a conoscenza dei suoi dati.  Inoltre, aggiunge di essersi subito attivata per bloccare le operazioni e che, sebbene tre bonifici siano stati recuperati, resta una perdita ingiustificata. Insiste per il rimborso integrale o almeno per il recupero del bonifico non revocato, chiedendo anche il rimborso delle spese legali sostenute.

La controversia ruota attorno all’articolo 10 del d.lgs. 11/2010, che stabilisce l’onere della prova in capo all’intermediario nei casi di contestazione delle operazioni di pagamento. Se il prestatore di servizi non riesce a dimostrare l’assenza di malfunzionamenti e il comportamento diligente del cliente, è tenuto al rimborso, ma se si prova la colpa grave dell’utente, l’obbligo decade.

Decisione dell’Arbitro sulla truffa bancaria: accolta in parte

L’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), con la Decisione n. 3432 del 2 aprile 2025, ha accolto parzialmente il ricorso presentato dalla cliente. L’intermediario ha dimostrato, attraverso i tracciati informatici, che l’operazione è stata completata con modalità di Autenticazione Forte (SCA): credenziali statiche, OTP, mobil token e riconoscimento biometrico. L’ABF ha altresì rilevato che la ricorrente ha compiuto condotte gravemente negligenti, seguendo pedissequamente le istruzioni del truffatore, disinstallando e reinstallando app, deviando chiamate, disattivando alert, attivando antivirus su suggerimento dell’ingannatore, e dunque ha agevolato la truffa pur avendo ricevuto alert antifrode. Per tali motivi, l’ABF ha respinto la richiesta di rimborso del bonifico non recuperato. di 9.900 euro.

Accolto la linea di credito da 1.483,86 euro. Diversamente, l’attivazione della linea di credito rateale (“installment loan”), effettuata a nome della cliente a sua insaputa, non è supportata da alcuna documentazione valida: non è stato prodotto alcun contratto sottoscritto, né le modalità di richiesta siano conformi al requisito scritto previsto per i prestiti (art. 117 TUB). Per l’ABF, tale operazione è nullo e inefficace, poiché privo della manifestazione di volontà della cliente. Ne consegue che l’intermediario dovrà stornare tutte le operazioni correlate a questa linea di credito e ripristinare lo status quo ante al 24 luglio 2024.

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