I familiari del pensionato defunto hanno la possibilità di rinunciare alla reversibilità? Quali sono gli effetti di tale decisione? Il parere dei giudici.
La pensione di reversibilità è la prestazione erogata dall’INPS ai familiari superstiti di un pensionato iscritto a una delle Gestioni previdenziali dell’Istituto di Previdenza.
L’importo della pensione corrisponde a una percentuale dell’assegno pensionistico percepito in vita dall’assicurato e varia a seconda del soggetto che ne ha diritto, in base al grado di parentela con il defunto e alla composizione del nucleo familiare.
Nel dettaglio, hanno diritto alla misura:
Uno dei dubbi più frequenti tra i percettori della pensione di reversibilità riguarda la possibilità di rinunciare alla prestazione in favore degli altri aventi diritto. Ad esempio, la madre potrebbe rinunciare alla propria quota affinché sia il figlio a riceverla? Vediamo cosa stabilisce la normativa.
La pensione di reversibilità, come abbiamo anticipato, viene versata ai familiari superstiti in caso di decesso di un pensionato.
Attenzione, però, perché al riguardo molti confondono tra eredità del defunto e reversibilità, soprattutto nel caso in cui si intenda rinunciare a quest’ultima. È, infatti, possibile che un il coniuge superstite rinunci all’eredità tramite dichiarazione resa a un notaio oppure al cancelliere del Tribunale del luogo in cui il defunto aveva l’ultimo domicilio. Rimarrà, però, pur sempre beneficiario della pensione di reversibilità.
Tale prestazione, infatti, non ha natura successoria ma assistenziale, cioè non fa parte dell’eredità, ma si tratta di un diritto autonomo, non legato allo status di erede. Per questo motivo, la pensione di reversibilità spetta anche nell’ipotesi di rinuncia all’eredità, a prescindere dagli eventi che riguardano l’asse ereditario.
In conclusione, riguardo la possibilità per il coniuge di rinunciare alla propria quota di reversibilità in favore del figlio, richiamiamo l’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 4844 del 16 febbraio 2023, per la quale il diritto alla pensione risulta “fondamentale, irrinunciabile, imprescrittibile e non sottoponibile a decadenza“.
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