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Buoni fruttiferi postali: cosa indicano tasso nominale e rendimento effettivo? Attenzione alle differenze

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I buoni fruttiferi postali sono particolarmente amati dagli italiani, grazie alla loro affidabilità. Ma bisogna conoscerne i dettagli.

I buoni fruttiferi postali sono dei prodotti di investimento molto sicuri.

I buoni postali assicurano investimenti affidabili – InformazioneOggi.it

Sono molto semplici da sottoscrivere e, per chi possiede già un libretto Smart dematerializzato, l’operazione può essere effettuata anche telematicamente.

Si tratta di un incredibile vantaggio, soprattutto per coloro che sono impossibilitati a recarsi fisicamente negli Uffici Postali. Il servizio, inoltre, è accessibile anche tramite l’app BancoPosta e la piattaforma Risparmio Postale Online.

In alternativa, i buoni possono essere comprati presso gli sportelli o i terminali ATM Postamat.

Prima di sottoscrivere buoni fruttiferi postali, tuttavia, è necessario che i risparmiatori si informino sui principali dettagli.

In particolare, è rilevante la differenza tra il tasso nominale annuo lordo e il rendimento annuo effettivo netto.

Analizziamo la normativa e scopriamo in cosa consiste.

Buoni fruttiferi postali: quali sono le imposte stabilite dalla legge?

I concetti chiave da conoscere quando si parla di investimenti sono quelli legati ai tassi di interesse, perché servono per analizzare il rendimento e la convenienza del prodotto finanziario.

Sui buoni fruttiferi vanno pagate determinate imposte

Nel dettaglio, sono fondamentali tre elementi:

  1. tasso nominale annuo lordo: indica la percentuale di crescita dell’investimento in un determinato anno;
  2. tasso effettivo di rendimento annuo lordo: rappresenta la crescita media annuale dell’investimento per l’intera durata del buono;
  3. tasso effettivo di rendimento annuo netto: somiglia al tasso effettivo di rendimento annuo lordo, ma considera le tasse da versare.

I buoni fruttiferi postali emessi prima del 21 settembre 1986 non sono oggetto di tassazione. Con il Decreto Legislativo n. 556 del 19 settembre 1986, poi, è stata introdotta la ritenuta erariale.

Nel dettaglio, i buoni sottoscritti tra il 21 settembre 1986 e il 31 agosto 1987 sono soggetti a una ritenuta fiscale del 6,25%. Quelli distribuiti tra il 1° settembre 1987 e il 23 giugno 1997, invece, sono incrementati del 12,50%.

Con il Decreto Legislativo n. 239 del 1° aprile 1996, infine, è stata introdotta un’imposta sostitutiva sugli interessi, con un tasso del 12,50%, che è ancora in vigore per questa tipologia di investimento.

Imposta di bollo: quando va pagata?

I buoni postali prevedono anche il pagamento di un’imposta di bollo, il cui ammontare dipendente dal valore nominale.

La tassa va versata se il valore complessivo di rimborso, ad esclusione degli oneri fiscali, è superiore a 5 mila euro.

Nello specifico, il 31 dicembre si controlla il valore di rimborso complessivo dei buoni fruttiferi postali . Se la cifra è maggiore di 5 mila euro, l’imposta è determinata sul valore nominale di ogni singolo buono.

In ogni caso, l’imposta non può mai essere inferiore a 1 euro.

Se al 31 dicembre il valore di rimborso totale dei buoni è minore di 5 mila euro, non bisogna pagare la tassa relativa a quell’anno.

Infine, l’imposta di bollo per i conti correnti intestati a persone giuridiche è di 100 euro all’anno, a prescindere dal saldo. Può essere pagata in un’unica soluzione, oppure ogni mese o trimestre.

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