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Attenzione al Latte venduto da Lidl: ecco cosa emerge da una segnalazione

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Il Latte venduto alla Lidl è oggetto di dubbi riguardanti le informazioni in etichetta. Andiamo a scoprire cosa succede. 

Alcuni consumatori sono molto attenti e chiedono – giustamente – che le informazioni sui prodotti alimentari siano corrette.

InformazioneOggi

È il caso di quanto successo ultimamente da Lidl, la famosa catena di supermercati discount che in molti italiani apprezzano per l’ottimo rapporto qualità/prezzo.

Solitamente, però, quando andiamo a fare la spesa non è che stiamo a sviscerare ogni etichetta. Da una parte è un nostro diritto/dovere ma è anche vero che ci fidiamo di chi ci offre i suoi prodotti.

In realtà sarebbe sempre bene informarci e imparare a leggere bene le indicazioni riportate sugli alimenti. E anche approfondire – ad esempio – su quali ingredienti si “nascondono” dietro sigle incomprensibili. Pensiamo agli additivi come la Eritrosina, tanto per citarne una.

Tornando ad una marca di latte venduto nei supermercati Lidl, un consumatore ha chiesto spiegazioni circa un’indicazione della provenienza del latte stesso. Ed ecco cosa è emerso.

Il Latte venduto alla Lidl è conforme alle normative vigenti? La segnalazione

Per capire bene cosa è successo tra un consumatore e l’azienda discount, dobbiamo spiegare come funziona una normativa europea circa la provenienza del latte vaccino. Secondo un preciso Decreto del 9 dicembre 2016, prorogato poi anche al 2023, nelle etichette delle confezioni di latte devono trovarsi alcune indicazioni.

Per “latte” si intende quello vaccino ma anche quello bufalino, ovi-caprino, d’asina e di altra origine animale che sono destinati al consumo umano.

In sostanza, un consumatore dovrebbe trovare in etichetta il luogo di provenienza/mungitura del latte, e anche dove questo è trasformato o lavorato. Nella marca in oggetto del “contenzioso” queste informazioni non si trovano. O meglio, un consumatore si trova di fronte, semplicemente, ad una dicitura col nome di un Paese della UE.

Siamo andati a scovare il Decreto ufficiale e abbiamo cercato di capire dove stia la verità. Di primo impatto, leggendo gli articoli 2 e 3, sembra davvero che le aziende debbano riportare quanto segue.

Art. 2 – Indicazione in etichetta dell’origine del latte e del latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero caseari

  1. L’indicazione di origine del latte o del latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari di cui all’allegato 1, prevede l’utilizzo in etichetta delle seguenti diciture:
    a) «paese di mungitura»: nome del Paese nel quale è stato munto il latte;
    b) «Paese di condizionamento o di trasformazione»: nome del paese
    nel quale il latte è stato condizionato o trasformato.
  2. Qualora il latte o il latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari di cui all’allegato 1, sia stato munto, condizionato o trasformato, nello stesso Paese, l’indicazione di origine può essere assolta con l’utilizzo della seguente dicitura: «origine del latte»: nome del Paese.

Art. 3 – Indicazione in etichetta in caso di mungitura, di condizionamento o di trasformazione del latte o dei prodotti alimentari di cui all’allegato 1 in più Paesi

  1. Qualora le operazioni di cui all’art. 2, comma 1, avvengano nel territorio di più Paesi membri dell’Unione europea, per indicare il luogo in cui ciascuna singola operazione è stata effettuata, possono essere utilizzate le seguenti diciture: «latte di Paesi UE» per
    l’operazione di mungitura, «latte condizionato o trasformato in Paesi UE» per l’operazione di condizionamento o di trasformazione.
  2. Qualora le operazioni di cui all’art. 2, comma 1, avvengano nel territorio di più Paesi situati al di fuori dell’Unione europea, per indicare il luogo in cui ciascuna singola operazione è stata effettuata, possono essere utilizzate le seguenti diciture: «latte di
    Paesi non UE» per l’operazione di mungitura, «latte condizionato o trasformato in Paesi non UE» per l’operazione di condizionamento o di trasformazione.

All’articolo 6 del medesimo decreto, però, leggiamo quanto segue: “Le disposizioni del presente decreto non si applicano ai prodotti di cui all’allegato 1 legalmente fabbricati o
commercializzati in un altro Stato membro dell’Unione europea o in un Paese terzo.”

Si evince dunque che il decreto si attua solamente nel caso di latte prodotto in Italia. La Lidl dunque non ha messo in vendita prodotti non conformi. Restano comunque alcune riflessioni da fare: per i consumatori è davvero difficile districarsi tra norme e leggi, e possiamo immaginare come sia complicato doverle conoscere per fare semplicemente la spesa.

Viviamo in una società colma di burocrazia e regole commerciali globali che, alla fine, forse penalizzano i prodotti italiani. E ovviamente i consumatori, che non riescono a distinguere bene cosa stiano comprando. Non c’è molto da fare, però: o ci informiamo o “subiamo” le sopra citate regole.

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