L’autocrate Putin potrebbe riaprire il gas. Dal Cremlino si sarebbero inviati dei messaggi ai Paesi occidentali, nell’avida speranza di incrinare il sostegno a Kiev.
Ecco le notizie che circolano in queste ore sulle presunte idee del sanguinario signore del Cremlino.
Il conflitto scatenato da Putin in Ucraina ha ormai superato i 300 giorni, del resto il 24 febbraio sarà trascorso esattamente un anno. Le diplomazie provano a muoversi.
Dal Cremlino si sarebbero inviati dei messaggi ai Paesi occidentali, nell’avida speranza di incrinare il sostegno a Kiev. Nella giornata di ieri si è espresso il ministro russo dell’Energia. Alexander Novak avrebbe comunicato come la Russia sia in procinto di tornare a rifornire di metano i Paesi europei tramite il gasdotto Yamal.
La tubazione in questione conta lunghezza pari a circa 4.100 km, un itinerario che parte dai giacimenti della penisola di Yamal e della Siberia occidentale e arriva, con in grembo gas, in Germania e Polonia attraversando la Bielorussia.
Insomma per i russi il mercato occidentale si confermerebbe rilevante, sebbene i Paesi europei, a ragione, abbiano da tempo scelto quale parte della barricata sostenere.
Per Novak ci sarebbe stata una cospirazione contro il suo Paese, che avrebbe raggiunto l’apice col sabotaggio del gasdotto North Stream.
Per i russi l’esplosione del North Stream sarebbe da collegare alla simultanea inaugurazione del nuovo Baltic Pipe Norvegia-Polonia, realizzato per eludere i servizi dello Yamal.
Novak ha ribadito come, tramite la Turchia, l’Europa avrebbe perpetuato a procacciarsi molto gas russo. Nel giro di quasi un anno la fornitura di gas russo sarebbe cresciuta a 19,4 miliardi di metri cubi, con una supposizione di 21 miliardi entro il termine del 2022. Novak rammenta il patto Russia-Turchia per convertire il Paese di un altro autocrate come Recep Erdogan in uno svincolo gasifero. Il Cremlino distribuisce gas dal TurkStream a pieno regime.
I russi si lanciano in dichiarazioni che sanno di disperazione visto il tasso di crudeltà celato e poi manifestato sul campo. Esempio sono le parole del vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo.
Dmitri Medvedev ha riformulato lo scopo ultimo del conflitto, il quale sarebbe l’annientamento totale del Governo di Kiev. Dichiarazioni folli che compromettono ogni tentativo, già di suo chimericp, di dialogo:
Faremo del nostro meglio per raggiungere l’obiettivo dell’operazione speciale, in modo che il regime disgustoso dei nazionalisti di Kiev cessi di esistere.
Da Kiev a prendere la parola è il ministro degli Esteri. Dmytro Kuleba ha chiesto la radiazione della Russia dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU e dalle Nazioni Unite. Un atto di sfida almeno apparentemente impossibile da concretizzare, dato che rovescerebbe le fondamenta su cui è stata fondata l’ONU nel 1945, ossia dalle intese fra i trionfatori della Seconda Guerra Mondiale.
I tempi cambiano e alle volte si rendono necessari gesti rivoluzionari. Vedremo.
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