Un’indagine effettuata da ISPRA ha evidenziato una situazione allarmante: acque inquinate in Italia, da Nord a Sud.
L’ISPRA è l’acronimo che sta per Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. In un suo recente rapporto ha lanciato un allarme. Le nostre acque sono altamente inquinate.
Da un’indagine effettuata su tutto il territorio nazionale emergono dati molto preoccupanti.
I campionamenti hanno coinvolto 16.962 prelievi effettuati in 4.775 diversi punti. Il risultato, la presenza di ben 299 sostanze nocive. Pericolose per l’uomo, l’ambiente, la flora e la fauna dei territori. Non solo, le sostanze, per lo più pesticidi e insetticidi, sono state trovati anche nelle acque sotterranee. Ecco cosa comporta questa scoperta.
Il Rapporto nazionale pesticidi nelle acque stilato da ISPRA non ci porta buone notizie. Nel 73% delle acque superficiali analizzate e nel 32,2% di quelle sotterranee sono presenti sostanze inquinanti molto nocive.
Più nel dettaglio, come spiegano altre realtà coinvolte nella tutela ambientale, “anche le concentrazioni minime di questi inquinanti possono provocare effetti nocivi e irreversibili.” Parliamo di “erbicidi glifosate e il suo metabolita AMPA. Il metolaclor e i fungicidi dimetomorf e azossistrobina. Il bentazone e i metaboliti atrazina desetil desisopropil. I fungicidi triadimenol, oxadixil e metalaxil”.
Tutte sostanze ampiamente utilizzate nell’agricoltura. Non mancano, tanto per completare il terribile quadro, microplastiche, antibiotici e metalli pesanti.
Un mix letale, insomma, ai quali siamo esposti ogni giorno. Noi esseri umani e la flora e la fauna dei territori coinvolti.
Esistono varie realtà che cercano di proporre soluzioni alternative alle sostanze chimiche. Di fatto, usando erbicidi, fertilizzanti e pesticidi ci stiamo auto avvelenando. Nonostante questo, pensiamo ai ritardi della UE nel riconoscere il Glifosfato come altamente dannoso per la salute e dunque vitarne l’uso.
In questa situazione davvero complessa e allarmante, alcune realtà stanno proponendo soluzioni alternative. Una di queste è l’utilizzo dell’acquaponica. Si tratta di un metodo innovativo che consente di sfruttare rifiuti organici dei pesci per sostituire elementi chimici.
A tutto questo potrebbero essere aggiunte soluzioni tecnologiche. Come l’uso di sensori e/o droni per il rilevamento di sostanze pericolose e per permettere di monitorare costantemente i valori.
Sicuramente i mezzi non mancano, vanno solo incentivati e resi accessibili a tutti. La speranza è che qualcuno intervenga presto, prima che le nostre acque diventino completamente avvelenate.
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