I permessi della Legge 104 vengono spesso utilizzati illecitamente dai lavoratori. I datori di lavoro, però, possono stanare i furbetti e licenziarli.
GPS e tabulati telefonici possono essere usati dalle aziende per stanare i lavoratori che non assistono il familiare durante i permessi 104?
L’abuso dei permessi concessi in virtù della Legge 104 ha gravi conseguenze ma il datore di lavoro dovrà dimostrare l’illecito per rivalersi sul lavoratore. Il titolare di Legge 104 può assentarsi dal lavoro previa autorizzazione chiedendo un permesso. La misura prevede che nella giornata di assenza, il dipendente utilizzi il tempo a disposizione per prendersi cura del familiare con disabilità grave. Secondo la Legge, dunque, il lavoratore può far fisicamente compagnia all’invalido oppure sbrigare per suo conto dei servizi come pagare le bollette o fare la spesa. Di sicuro non potrà andare in palestra, fare una passeggiata al mare, fare una gita fuori porta con la famiglia. Queste azioni citate – insieme a tante altre – rappresentano un abuso e come tale può essere punito (anche con il licenziamento).
La finalità prevista dai permessi della Legge 104 è l’assistenza del familiare disabile. Tale obbligo può essere verificato dal datore di lavoro, lo stabilisce la Legge, oppure dai colleghi di lavoro che possono segnalare il presunto illecito all’azienda. Allo stesso tempo anche l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale può far scattare controlli in seguito a dubbi sulla condotta del lavoratore.
Accertata la negligenza, poi, scatteranno sanzioni di varia natura. Si potrà revocare il diritto di avanzare domanda di permesso o richiedere il pagamento delle somme indebitamente percepite durante l’assenza dal luogo di lavoro. In più, scatta il reato di truffa allo Stato che comporta la reclusione da 6 mesi a 3 anni.
Il datore di lavoro deve accertare il reato e, di conseguenza, deve avviare un’indagine di “spionaggio”. Sono accettate varie modalità di verifica dell’abuso. I tabulati telefonici, ad esempio, possono essere richiesti per controllare le celle a cui il lavoratore di è aggrappato nei giorni di permesso. L’azienda potrà controllare, così, se il dipendente si è recato realmente a casa dell’assistito oppure no. In caso di collocamento dell’indagato in un posto lontano dall’abitazione del familiare con invalidità, il lavoratore dovrà giustificare la sua presenza e collegarla all’assistito per non rischiare di incorrere in sanzioni.
Il rintracciamento con GPS e tabulati telefonici, però, non può essere deciso in autonomia dal datore di lavoro. Serve l’autorizzazione del giudice per procedere e cercare le prove dell’abuso in modo tale da punire, poi, il dipendente.
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